domenica 30 agosto 2009

7. Welfare State DR

Dal momento che la DR si fonda sul consenso degli elettori e sul suffragio universale (secondo il principio «una testa un voto»), ne consegue che nessun governo DR può ignorare del tutto i bisogni delle classi sociali più deboli, che sono proprio quelle più numerose e importanti ai fini elettorali e, infatti, non c’è un solo paese DR che non abbia in programma una qualche politica di Welfare State (o Stato assistenziale o Stato sociale o Stato del benessere), il cui effetto è la riduzione delle disuguaglianze sociali. “Lo stato sociale – scrive Atkinson – serve ad attenuare le differenze fra le opportunità offerte dall’esistenza, a raggiungere una maggiore equità nei rapporti fra generazioni, a correggere le disuguaglianze dovute alla razza, al genere o alle condizioni di salute. Più in generale, questi programmi sono intesi ad aiutare l’individuo a redistribuire il reddito nel suo ciclo di vita, ad assicurare contro eventi che causano perdite di reddito e a fornire un senso di sicurezza a tutti i cittadini” (2000: 5-6).

7.1. Il Welfare nella storia
Sebbene il termine Welfare State sia coniato in Inghilterra negli anni Trenta del XX secolo, la storia dello Stato del benessere comincia già nel XVI sec. “in connessione con lo sviluppo del primo capitalismo, degli Stati territoriali e della Riforma” (FLORA 1991: 501), anche se il terreno propizio ad una sua possibile attuazione si costituisce, sempre in Inghilterra, solo con la rivoluzione industriale. È tuttavia la Germania di Bismarck, sul finire del XIX sec., a muovere i primi passi concreti in tale direzione, introducendo l’obbligo di una tutela assicurativa contro infortuni, invalidità e vecchiaia a beneficio degli operai delle fabbriche. Dalla Germania le assicurazioni sociali si estendono ben presto negli altri paesi europei imponendosi sempre più come una necessità e divenendo la base e l’origine del moderno Stato del benessere, che interviene a tutela di quelli che sono ormai considerati diritti fondamentali di tutti i cittadini, come l’assistenza sanitaria, l’abitazione, l’istruzione primaria, l’occupazione e la previdenza.

7.2. Il Welfare oggi
Oggi il fenomeno di Welfare ha raggiunto dimensioni imponenti. Infatti, se, insieme ai pensionati, si considerano anche coloro che percepiscono sussidi di disoccupazione e di assistenza sociale e tutti i dipendenti pubblici (istruzione, sanità, ecc.), “risulterebbe che attualmente in molti paesi circa la metà degli aventi diritto al voto percepiscono il loro reddito dallo Stato del benessere”, così che, alla fine, “le società occidentali sono diventate società di lavoratori dipendenti” (FLORA 1991: 511). “Non c’è quindi da meravigliarsi se lo Stato del benessere possa contare ancora oggi su un vasto consenso e se lo smantellamento dei servizi sociali è rimasto relativamente limitato” (ivi).
Sotto questo aspetto, la DR ci appare come uno strano sistema di mercato, dove, in cambio di benefici economici e diritti, molti cittadini sono ben disposti a cedere col voto la propria sovranità ad altri e a rinunciare alla partecipazione politica. A peggiorare il quadro c’è che le politiche sociali comportano una spesa enorme da parte dello Stato, che rimane esposto al rischio di paurosi deficit del bilancio pubblico, il che pone continue sfide ai governi e li costringe a rincorrere un difficile equilibrio tra pressione fiscale e servizi sociali.
Oggi c’è chi plaude alla politica di Welfare e punta sulla più ampia tutela della dignità umana. “Questo Stato deve aiutare il cittadino a trovare il suo posto nella società e, anche in tempi di crisi, rendergli possibile una vita a misura della dignità umana” (RITTER 1996: 226). C’è però anche chi pensa l’esatto contrario. Sono i cittadini di fede liberale e liberista, i quali vogliono ridurre al minimo lo stato sociale, preferendo affidarsi a forme di assicurazione privata. Si delineano così due principali modelli di DR: l’uno, di «sinistra», orientato al sociale, l’altro, di «destra», orientato al mercato. Fra questi due poli, c’è qualcuno che propone una «Terza via».

Nessun commento:

Posta un commento